Voglio che i professionisti che leggono queste pagine le apprezzino per quelle che sono, e cioè uno sguardo sincero all’esistenza che molti di noi hanno condotto e respirato per la maggior parte dei propri giorni e delle proprie notti, a detrimento della ‘normale’ interazione sociale. Non avere mai un venerdì o un sabato sera liberi, lavorare sempre durante le vacanze, essere indaffarati soprattutto quando il resto della popolazione è appena uscita dall’ufficio, generano una visione del mondo a volte peculiare, che spero i miei colleghi chef e cuochi riconoscano.
Anthony Bourdain, ‘Kitchen confidential’
Volevo scrivere questo post da tempo. Ma la spinta decisiva è arrivata dopo una serata organizzata dall’Ais di Bologna cui ho partecipato di recente. Il tema era quello delle osterie bolognesi dagli anni Venti a oggi con due testimoni che di aneddoti ne avevano parecchi da raccontare: Carlo Faccioli, ex titolare della storica osteria di via Altabella Olindo Faccioli (il padre) e Nicola Spolaore, figlio di quel Luciano che gestì fino a pochi anni fa l’Osteria del Sole (vicolo Ranocchi). Sono stati loro a guidarci in un viaggio fra locali ruspanti, con pochi fronzoli, diventati simboli della città. Anche chi non è di Bologna potrà immaginarsi Guccini e Dalla a bere vino a tarda notte su tavolacci di legno. Il punto, dove voglio arrivare, è proprio questo, le ore piccole.
In quegli anni dei biassanot (i divoranotte) e del vino sincero, nel ghetto o in stazione si mangiava più o meno a qualsiasi ora. Bei tempi, visto che oggi per chi finisce di lavorare tardi come la sottoscritta (la domenica vado a procacciarmi il cibo non prima delle 23.30) riuscire a cenare, anche in centro, è una vera impresa. Non bisogna per forza essere giornalisti per avere ben presente quell’espressione dell’oste che, fra il costernato, il meravigliato e il seccato vi dice: “La cucina è chiusa, al massimo posso darvi un toast o un dolce, ed entro venti minuti”. Vaglielo a spiegare che hai lavorato dodici ore e hai una fame che altro che dolce mangeresti. E così ecco questo post, per segnalare alcuni locali che mi sfamano generosamente (e bene, e per questo rientrano in questa piccola lista) nelle mie ricerche raminghe, sperando che altri che sicuramente avrò tralasciato me li indichiate voi.
Via del Pratello
Iniziamo da una zona cruciale per la vita notturna bolognese: via del Pratello. Un paio di locali servono da mangiare almeno fino alle 24 (ora da me sperimentata). Il Montesino, osteria sarda dall’atmosfera calda (ma d’estate c’è il dehors). Sono sempre proposti due o tre primi della casa, spesso a tema, tipo malloreddu o gnocchetti, e antipasti a base di pane carasau. D’obbligo il mirto bianco della staffa. Nota dolente: nel fine settimana non si può prenotare. Anche se agli orari di cui stiamo parlando si trova spessp posto.
L’altra tappa, anche se è meglio dare un colpo di telefono prima, è il Rovescio, all’angolo con via Pietralata.
Qui la parola d’ordine è ‘a chilometro zero’ e bio: ci sono primi e secondi del giorno e il menù cambia tutti i mesi con i prodotti di stagione. Una menzione speciale in questa via la meritano però altri due locali: la pizzeria Totò, all’angolo con via San Rocco: posto spartano, particolarmente caro ai fuori sede, la pizza è davvero buona e alle 23.30 ve la servono.
L’altra va al mitico Babilonia: molto più che un kebabbaro. Il panino col falafel è una goduria, soprattutto dopo la coda che avrete fatto per ordinarlo. E’ logico che qui non ci si siede, se non nella vicina piazza San Francesco, d’estate molto animata. Ma d’estate, appunto.
Ed ecco una new entry, particolarmente gradita. Siamo di fianco al Barazzo, locale all’angolo con via Pietralata che di solito non spicca per l’atmosfera silenziosa. Ebbene, a fianco c’è l’ala jazz bar: certe sere in calendario ci sono concerti (anche jam sessions improvvisate), ma quello che è sbalorditivo è la cucina. Spazia dalla tartare di tonno, al polipo e patate, ai piatti di carne. Creativa e a prezzi ragionevoli: per due piatti di pesce e un calice di vino l’ultima volta abbiamo speso 30 euro. E tutto questo a mezzanotte e mezza. E, per l’atmosfera, non sembrava neanche di essere a Bologna.
Centro storico
Lasciamo il Pratello e andiamo in centro: qui la ricerca si complica, ma due porti sicuri ci sono. Eppure il primo, proprio dietro piazza Santo Stefano, si chiama curiosamente L’Infedele. Ma non lasciatevi ingannare: a discapito del nome, anche dopo il secondo spettacolo del cinema vi sfamerà. Il posto è piccolo, d’estate si allunga nella stretta via Gerusalemme con alcuni tavolini (spesso vi capiterà di veder passare Romano Prodi, che abita qui vicino). Ultimamente ha cambiato gestione, ma un crostino o un tagliere di salumi e formaggi si rimediano. Ridotta la scelta di vini.
Poco più in là, in via Borgonuovo, c’è un’altra certezza: l’osteria delle Sette Chiese. Ancora tavoli di legno e ancora crostoni pronti fino a tardi: da provare anche la salsiccia misurata in centimetri e la birra di castagne. Cambiando zona, ma sempre dentro le mura, resiste da anni un’altra storica osteria che vi sfamerà oltre le 24: Lo Scorpione (via Santa Caterina).
Fino a un po’ di tempo fa un vero scorpione vi attendeva dentro una teca, ma ho l’impressione che non ci sia più. Un must sono i panini, la crema di whisky della casa e i semi di zucca vicini alla cassa. Nel frattempo potete anche tirare tardi con giochi di società, (c’è anche Indovina chi).
Allora, diciamo subito che i tempi non sono sempre velocissimi. Ma a mezzanotte mi hanno messo sotto il naso una parmigiana di melanzane e dei taralli da svegliare chiunque dai primi abbiocchi. Sto parlando dell’osteria del Cirmolo, in via San Felice, giusto all’angolo con via Riva Reno. Ci siamo presentati (di sabato sera, però) dopo le 11 e la cucina era ancora allegramente aperta. La proposta è di piatti pugliesi, con qualche incursione nel bolognese.
Se, invece, bazzicate per via degli Orefici (che per altro ultimamente ha cambiato faccia con la splendida idea di renderla pedonale) una sosta entro la mezzanotte la potete fare anche da WellDone. Tutto è molto radic chic, persino l’hamburger, la star del locale. E’ grande più o meno la metà di quello dei fastfood e costa il triplo. Detto questo ne vale la pena perché è davvero buonissimo: provate il Cicero con hamburger di ceci. Gnam gnam.
E perché non viaggiare un po’ in Francia. A questo ci pensa il bistrot Le bar à vin, del simpatico Angelo. Siamo in via Nazario Sauro, proprio dietro quel Mercato delle Erbe che è tanto carino e trendy quanto più vincolato agli orari di chiusura. In questo piccolo e intimo locale si mangiano quiche, croque monsier, formaggi, fois gra, insalate e dolci strepitosi. Buona anche la scelta dei vini.
Opzione ristorante. Anche al Casa Monica, locale di via San Rocco all’interno di uno stiloso loft, mi hanno risposto diverse volte che la cucina restava aperta fino a dopo le 23. E in effetti devo dire che anche di recente hanno mantenuto la promessa, pure a inizio settimana. Però consiglio di prenotare per avvisare! Il menù varia spesso, con qualche costante, tipo il trancio di tonno. Io consiglio di provare gli antipasti, sempre buonissimi, e il vino della casa, un Pinot Bianco pulito e adatto a molti piatti. Bell’indirizzo. Costa circa 35 euro a testa.
Alla Tigre ci siamo spostati in via Orfeo, vicino all’angolo con via Rialto. Locale intimo, luci basse, tavolini di legno: il classico posto che piace ai bolognesi, non a a caso fra i titolari c’è pure Cesare Cremonini. I piatti sono scritti sulla lavagna, ma c’è sempre anche qualche fuori menù. Se lo trovate, ottimo il pesce spada marinato con zucca e carciofi. Buoni anche i dolci.
Una menzione speciale, sempre da tenere a mente per chi si aggira in centro. E’ il ristorante indiano Taj Mahal, in via San Felice: ho testato che almeno fino alle 23-23.30 vi mette a tavola.
Fuori porta
Ultima sezione: usciamo dal centro (ma di poco). Subito fuori porta San Mamolo c’è un pilastro della notte bolognese, il Moretto. Il primo pregio dello storico locale dove un tempo si suonava jazz è che è aperto davvero sempre, persino a Ferragosto quando in città non c’è neanche un prete per chiacchierar (qualche volta capiterà pure a loro, non sono santi). Il secondo è che si mangia (e si beve) davvero bene: crostini variegati e ottimi piatti del giorno, primi e secondi (ottimo il roast beef) che vi saranno serviti anche all’una di notte.
Spostiamoci nel quartiere Costa-Saragozza, anche qui un locale non vi lascerà in braghe di tela: La Frasca.
Siamo a Porta Sant’Isaia: qui il massimo è il fritto assortito, ma ho testato anche vari crostini e panini. Direi che sia d’obbligo la birra: ne hanno di artigianali molto buone. Un poco più avanti, verso lo stadio, c’è un’altra enoteca collaudata: Zampa. La domenica sera e il lunedì è chiuso, e all’orario dell’aperitivo sedersi è un’impresa, ma all’orario che ci interessa si dovrebbe sul sicuro. La selezione dei vini è valida, consiglio crostino toscano e carne salada.
In zona Mazzini va assolutamente citata anche l’osteria Vini d’Italia. Buona la selezione dei vini, ma soprattutto i piatti della tradizione bolognese: ormai porto sempre qui stranieri o amici da fuori che vogliano assaggiare una cotoletta come si deve o tagliatelle al ragù. Buoni pure i prezzi. In Cirenaica, invece, c’è una certezza, e da decenni: è l’osteria Da Vito, quartier generale di Francesco Guccini, Lucio Dalla e tanti artisti bolognesi dagli anni Settanta. E’ rimasto praticamente immutato, nelle tende verdi, nelle foto all’ingresso, nel menù. Piatti della tradizione (buona la gramigna alla salsiccia, un po’ meno il vino), prezzi umani e tanta atmosfera vintage.
Arrivando fino a via Zanardi, una trattoria che sfama fino a notte fonda, particolarmente gettonato dai miei colleghi sportivi: il Mulino bruciato. Buffet d’antipasti, cotoletta alla bolognese e spiedone vanno per la maggiore. Anche in questo caso, qualche menzione speciale la meritano alcune pizzerie attivissime anche oltre le 23. Fraiese, in via Saffi: mi hanno servito senza batter ciglio gamberoni e pesce al forno.
Poi Tomi a San Lazzaro. Come la prima non spiccano per il fascino, ma davanti alla richiesta “possiamo ordinare anche pesce a quest’ora”? non strabuzzano gli occhi e rispondono “ma certo”. Da Tomi comunque è molto famosa la pizza, soprattutto per le sue dimensioni (straborda sistematicamente dal piatto), non per niente già all’inizio del liceo era un must. Direi che, tanti anni dopo, il cerchio si è chiuso.
Capitolo Colli
Devo dire che ho avuto una piacevole sorpresa quando, qualche sera fa, sono tornata dal ‘Nonno’, posto abbastanza mitologico per noi bolognesi in quanto a connubio colli-crescentine e tigelle. Vista superba (vabbé per questa magari tornate di giorno), parcheggio in mezzo alle vigne, da un po’ di tempo non andavo perché mi pareva che avesse alzato un po’ troppo i prezzi, ma non la qualità. Di sicuro va promosso sull’orario visto che mi hanno risposto un consolante “la cucina è aperta fino a mezzanotte” (anche se va verificato nella stagione invernale). E devo dire che anche le crescentine meritavano un passaggio.
Ps. Una nota. Ho testato personalmente più volte gli orari di questi locali, poi è ovvio: ogni sera fa storia a sé. Pensate che ne abbia tralasciati clamorosamente altri? Fatemelo sapere!
Pingback: Cosa fare a Bologna | Persorsi