Fra paesi addormentati
Stradine popolate da gatti, tapparelle abbassate, un’altalena abbandonata. Il cartello vendesi qua e là. All’inizio di maggio l’Appennino fra Modena e Bologna sembra ancora addormentato. Effettivamente, anche se siamo un’ora e mezza dalla città, quando oltrepassiamo anche la Madonna dell’Acero abbiamo superato i mille metri. La seggiovia per il Corno alle Scale è immobile, e dietro il rifugio c’è ancora un po’ di neve. Niente passeggiata nel bosco fangoso, piove pure un po’. E allora è così che li scopriamo. Scendendo a quote più basse, dove le nuvole non si impigliano, visitiamo paesini praticamente deserti, dove è difficile capire quanto il sonno attuale sia da ricercare nella stagione non ancora decollata o quanto in quel progressivo abbandono sempre più frequente fra questi boschi. Luoghi di villeggiatura, di lunghe estati, di alberghi e pensioni dal sapore retrò di cui oggi resta qualche lampione liberty fra gli alberi. Nel verde brillante dopo giorni di pioggia, scopro angoli di grande fascino: la riprova che a volte le emozioni sono molto vicine a casa.
Poggiolforato
Una manciata di case disabitate. Una storica pensione in vendita. Nel campo da calcio ci sono le porte arrugginite
e l’erba alta. C’è un’atmosfera vagamente spettrale a Poggiolforato (il nome significa ‘monte forato’), mentre nel bosco ricoperto di muschio fa sentire la sua voce il Dardagna. In questo borgo si trovano case di villeggiatura, un museo etnografico dedicato ai mestieri e alla vita quotidiana in questa fetta di montagna. I tetti delle case, di pietra piatta e grigia, sprigionano una certa magia, così come le curiose figure scolpite sui comignoli. Fra i muri pieni di crepe, salutano i viandanti benevole madonnine di ceramica.
Pianaccio
Per tutti è il paese del giornalista Enzo Biagi che, assieme una serie numerosissima di altri Biagi, riposa nel piccolo cimitero sotto il borgo. La casa del grande cronista è subito all’inizio, davanti al centro di documentazione che porta il suo nome. “Ho girato il mondo da cronista, ma in fondo non sono mai andato via da Pianaccio”. E’ la scritta che accoglie i visitatori e c’è da crederci. Oggi i visitatori, almeno ancora per questo mese, sono accolti da una spaventosa frana: la montagna ha ceduto a marzo, poi anche la carreggiata, e ora si lascia l’auto sulla strada interrotta e si scende per una scala di ferro. Il paese, insomma, è isolato. Anche se non sono in molti a vivere qui: due uomini in strada ci parlano di una quindicina di abitanti. Ma l’Antica Locanda alpina, con il suo ristorante, è già in piena attività. Portata avanti dalla stessa famiglia dal 1904, non chiude quasi mai ed è pronta ad accogliere i trekker inglesi. Si fanno vedere soprattutto in tarda primavera e autunno. Gli stranieri sì, gli italiani non sempre si ricordano di questi luoghi suggestivi.
Monteacuto delle Alpi
C’ero stata a quindici anni, in un giro zaino in spalla in questi luoghi, fra Linea Gotica e boschi di querce. Mi ricordo di quell’estate una salita faticosissima per arrivare fino in paese, ora capisco perché. Monteacuto delle Alpi è annidato in cima a una vetta, come un rapace. Il borgo medievale è diverso dai due precedenti: le case di sasso sono molto belle (e quasi tutte chiuse). Il punto forte di questo paesino è sicuramente la vista spettacolare sul Corno alle Scale. Ma non solo, affacciandosi dalla piazza davanti alla chiesa, si è circondati dall’Appennino, che in questo punto si fa davvero imponente, forse un po’ minaccioso. Leggendo qua e là mi sono imbattuta in una notizia curiosa: gli abitanti in passato erano chiamati “zingari”, cioè girovaghi perché impegnati in attività commerciali. Incredibile dirlo ora. Altra curiosità: l’intero paesino, che conta una trentina di abitanti, è totalmente collegato alla Rete wireless. A Bologna solo in piazza Maggiore.
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