Se c’è un posto che proprio mi ha fatto sognare, prima e dopo averlo visto, è il Griffith Observatory. Di certo il mio luogo preferito a Los Angeles, una città che è una lunga citazione e dove le diverse età della vita – fra film, telefilm, musica e libri- si toccano. A volte è una piccola delusione, a volte è un come ritrovare un vecchio amico. Ma sulla collina che domina la città degli angeli c’è stato anche qualcosa di più. Della parola che sto per dire si abusa sempre un po’ troppo, ma in questo caso è proprio il caso di sfoderarla: entrare nel planetario è stato come realizzare un sogno.
Il cinema e il Griffith Observatory
Questa storia d’amore con l’osservatorio Griffith nasce intorno ai 12 anni. Io e un’amica (mooolto meno stramba di me, ma non faccio il nome se no mi uccide), in seconda media abbiamo deciso di compiere un primo atto di protesta contro il mondo adolescenziale che ci stava circondando. E così abbiamo scelto di restare immuni alla Take That-mania e alla Intervista col vampiro-mania (ahhh gli anni Novanta) per giurare eterno amore solo a James Dean (e un po’ a Harrison Ford-Indiana Jones, dai, e a Dylan di, ma guarda un po’, Beverly Hills. Shiro era ormai fuori dal podio). Tralascio la caccia ai poster e i sospiri davanti ai film, che (per fortuna, forse) erano poi soltanto tre, ma il vero colpo di fulmine per il nostro attore tormentato dallo spleen scattò proprio guardando Gioventù Bruciata.
Chi ha visto il film sa bene che alcune scene chiave (no spoiler, non si sa mai, ma sotto allego qualche filmato) sono proprio ambientate in questo edificio degli anni Trenta, dal sapore art déco.
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L’altra folgorazione, e qui purtroppo non ho più la scusa dell’età, è avvenuta non più tardi dell’anno scorso, quando La La land ha ancora una volta consacrato l’osservatorio astronomico a suon di Oscar. Visita notturna e ballo sospeso nel cielo (come rappresentare meglio un amore che nasce?): fra una citazione cinematografica e l’altra, il regista Chazelle mi ha fatto ricascare nell’incanto per questo piccolo gioiello che sembra un corpo estraneo in una città a prima vista non poi così affascinante, informe e trafficata a ogni ora del giorno e della notte.
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Un po’ di storia
L’osservatorio è stato costruito grazie ai fondi elargiti da Griffith J. Griffith, che donò anche il terreno nel 1896. Inaugurato nel 1935, è stata una delle prime istituzioni americane dedicate alla scienza e anche oggi è un luogo di divulgazione e ha un calendario ricco di attività. Appena entrati, vi colpirà il maestoso pendolo di Foucault, che dimostra come la terra ruoti sul proprio asse, sotto un cielo di affreschi a tema mitologico di Hugo Ballin. Potrete decisamente fare un bel ripasso di scienze e astronomia: dal fenomeno delle maree, all’alternanza delle stagioni, alle fasi lunari. Molto interessante (è attivata a certi orari) il funzionamento della bobina di Tesla: un macchinario che genera fulmini (dietro un vetro, niente paura, anche se alcuni bimbi presenti si sono un po’ spaventati in effetti).

Osservatorio Griffith, di sera – foto da Flickr, di Crispymen – licenza creative commons
Oggi è uno dei luoghi più iconici di Los Angeles e ogni anno i visitatori sono oltre un milione e mezzo. Sulla destra, all’esterno trovate una mia vecchia conoscenza: una statua dedicata a James Dean.
Come si visita il Griffith Observatory
Al di là degli echi cinematografici (vi hanno girato anche scene di Terminator), il Griffith è oggettivamente uno dei posti da cui si può godere di una vista impagabile su Los Angeles: non solo, anche sulla celebre scritta Hollywood. Il motivo è semplice, siamo all’interno del parco omonimo, uno dei parchi municipali più grandi del mondo, e, che saliate a piedi, in auto o in navetta, intanto ci lascia alle spalle traffico e smog. E’ bello venire qui a ogni ora della giornata, ma credo che di sera abbia una speciale magia visto che sembra di sovrastare un oceano di luci tremolanti.
Si può entrare nel parco dell’osservatorio da più accessi e, una volta all’interno, qualora i posti auto siano occupati (si pagano 4 dollari all’ora con normale parchimetro), è possibile lasciare la macchina più in basso e aspettare il bus navetta (il biglietto costa un dollaro).
L’ingresso all’Osservatorio è gratuito, mentre si paga lo spettacolo Centered in the universe (adulti 7 dollari), che si tiene in diverse ore della giornata nel Samuel Oschin Planetarium (qui trovate orari e i vari show nel planetario). Ricorda vagamente una puntata di Superquark, ma c’è anche un’attrice in sala ed è davvero coinvolgente l’effetto del filmato sulla volta, in particolare quando danzeranno sulla vostra testa costellazioni e segni zodiacali (ma se avete la cinetosi facile, occhio).
Orari: dal martedì al venerdì dalle 2 alle 22; sabato e domenica, dalle 10 alle 22. Chiuso il lunedì. In questo link trovate la mappa per arrivare. Ovviamente, essendo un osservatorio a tutti gli effetti, vi si svolgono poi le attività scientifiche.

Il Griffith Observatory, di Frank Steele, da Flickr – licenza creative commons
Per continuare a leggere: gli altri post sulla California
- La California in dicembre
- Fra la Death Valley e Lee Vining
- Come visitare le cantine in California
e poi le Cartoline da Los Angeles del mio compagno di viaggio
La guida
Indispensabile per il viaggio è stata la guida Viaggiautori ‘Due settimane in California, scritta da Paola Annoni e Gianni Mezzadri (e per i Viaggiautori c’è anche la mia guida del Giappone).
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