Ho sempre avuto un debole per i luoghi di confine, gli avamposti. Presente quella descrizione sulle guide a proposito dei posti di frontiera, che sono l’ultimo segno di umanità prima delle terre selvagge? Quelle tappe del viaggio in cui la natura fa uno scarto; da lì in avanti il paesaggio cambia e diventa inospitale. Nel mio recente viaggio in Namibia molti posti potrebbero rientrare in questa tipologia far west, ma quello che vince a mani bassi la mia personale categoria del ‘desolato’ è sicuramente Solitaire. Con un nome così, non poteva essere altrimenti.
Da Windhoek a Sossusvlei
Solitaire è una tappa obbligata per chi è diretto a Sossusvlei. Molti viaggiatori raggiungono questo cuore assetato fra le dune – una delle foto più scattate in Namibia- come prima tappa direttamente dalla Capitale, ma c’è anche chi arriva da Nord, solitamente da Swakopmund, sulla costa atlantica. Le strade in Namibia non sono mai molte e per arrivare a Sesriem, la porta per il Namib-Naukluft National Park, una sosta in questo luogo sperduto lo fanno praticamente tutti. Ed è qui il bello, perché quando si arriva con l’auto in questo piccolo agglomerato nel deserto, si incontrano tutti i tipi di viaggiatori.
Noi arrivavamo da nord, accaldati dopo i primi 250 chilometri di strada da Windhoek. Appena fuori dalla capitale, infatti, inizia subito un bianco sterrato, che si inoltra fra pascoli e fattorie: è facile incontrare mucche marroni che fissano placide il passaggio dei fuoristrada dal ciglio della strada. Il tragitto cambia lentamente sulla C26 e la C1275, fino al Gamsberg Pass, quando si inizia a scavallare in una terra sempre più rocciosa. Si attraversa anche il Tropico del Capricorno in questo scendere sempre più a Sud, sempre più vicini al cielo. E’ così vasto che sembra di toccare le nuvole bianche che ci accompagnano dall’inizio: sono così dense da proiettare la loro ombra sulla terra, regalando continui giochi di colore. Un punto panoramico pazzesco, da cui l’occhio corre, per la prima volta, sul deserto marrone sottostante, è il passo di Spreetshoogte Questo tratto è percorribile dai fuoristrada, ma non dai camper. Se rientrate nella prima categoria, fermatevi ad ammirare la vastità che vi aspetta dal punto panoramico: c’è anche un tavolino per chi vuole fare una sosta più lunga.
La strada continua sterrata, ma dritta, fino a Solitaire. I primi insediamenti iniziano a vedersi qualche chilometro prima, quando fanno la loro comparsa campeggi e guesthouse. Non credete, sono una manciata di sistemazioni, non è certo un posto molto frequentato! Poi, ecco il piccolo agglomerato, annunciato da una serie di colorate auto d’epoca, di cui alcune ribaltate verso l’alto. Un tipo di immagine, questa, che ho ritrovato spesso nel mio viaggio in Africa: come se le cose che appartengono alla modernità vengano a un certo punto superate, non siano più che dei ferri vecchi, a queste latitudini. E’ come se quello che si rompe qui non venga riaggiustato. Oppure qui fa solo folclore, chissà.
La Solitaire Desert Bakery
Comunque sia, eccoci arrivati, fra cactus, i cartelli di un’area di sosta e un campeggio. Ma il pezzo forte è il fornaio. Sì, quello che mi fa impazzire è che qui, in mezzo al nulla, c’è una bakery. Buonissima per giunta. Per risparmiare un po’ e una sosta veloce, si può scegliere fra muffin, torta ai mirtilli o una pasta alla cannella (ottimo anche il caffè). Volendo si può anche puntare sull’hamburger o il fish & chips, ma l’importante è guardarsi attorno e ‘curiosare’ fra i tavoli degli altri viaggiatori: ci sono famiglie, gruppi di varie nazionalità che si spostano a bordo di pulmini panoramici. Oppure coppie di amiche, armate di reflex, o di amici, che sembrano usciti da Mr. Crocodile Dundee. Comunque è il trionfo del color kaki, del camper, del gilet pieno di tasche e gadget da safari. E’ una straordinaria umanità quella che si ritrova sotto le pale della veranda, nel caldo infuocato del deserto. Fra pneumatici, taniche di benzina e vento caldo.
Il deserto della Namibia: ultimo tratto verso Sossuvlei
Da Solitaire ripartiamo verso il deserto, che si fa sempre più arido. La nostra meta è il Quiver Desert Camp, un luogo bellissimo, circondato da rocce che la sera si incendiano di rosso. Un panorama arido da ammirare dalla propria casetta che si confonde con i colori sabbiosi circostanti, magari cuocendosi la carne nel barbecue (braai) sulla veranda o semplicemente guardando il sole che sparisce lasciando un cielo stellato commovente. Insomma, un posto arroventato (per fortuna c’è una piscina, eh) in cui aspettare solo che la giornata scivoli via, nella pace più totale. Da qui si arriva dunque a Sesriem, la porta di accesso per Sossusvlei.
All’interno dell’area parco ci sono solo due possibilità di dormire: un campeggio molto ben organizzato e un lodge lussuoso. Indovinate quale abbiamo scelto noi? E abbiamo fatto bene, perché la piazzola alberata dotata di acqua ed elettricità è straordinaria: un luogo in cui aspettare il tramonto con un calice di vino in mano.
Dal campeggio si prende la strada (asfaltata, miracolo) che porta fino a Sossusvlei e Deadvlei. Ma questo, è un altro post.
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