A chi è mai capitato di fare colazione con una pasta sfoglia piena di carne macinata alzi la mano. E faccia un passo avanti chi mangia abitualmente salsicce di tonno. O chi, se gli parli di prugne, pensa subito alla grappa. Potrebbe capitare, nei Balcani Occidentali. Questo secondo post, che segue quello sul mio viaggio da Trieste al Montenegro ‘passando’ per Sarajevo, parlerà, appunto, di piatti. Inutile anticipare che in tre paesi così diversi come la Croazia, il Montenegro e la Bosnia, anche la cucina la dice lunga su quanto influenze, religione e dominazioni abbiano lasciato tracce in questa terra incastonata fra Europa e Asia. Partiamo dalla costa.
Dalmazia. La storia è nel piatto. Che gran parte dell’attuale Croazia sia stata italiana fino a tempi recenti lo si capisce già dal menù. Una delle specialità di tante località costiere è il risotto, in particolare al nero di seppia o con i gamberetti. Tante le variazioni del pesce, cucinato sia grigliato che fritto. A Dubrovnik ho anche provato delle ottime ostriche (io le ho mangiate al Kamenice in una piazzetta molto scenografica, ottimo il rapporto qualità prezzo in una città piuttosto cara), anche se un indirizzo davvero speciale è di sicuro il Pelegrini di Sibenik.
Adagiato sulla scalinata di un palazzo storico, davanti a voi si aprono la stupenda cattedrale e un lembo di mare. Inutile dire che non è l’indirizzo più economico da queste parti (anche se non si superano i 35 euro a testa), ma il servizio è impeccabile e anche il menù è davvero invitante. Per avere un assaggio dei formaggi locali, ottima la selezione fra gli antipasti: da uno bianco, leggerissimo, tipo caglio, a quello misto dell’isola di Pag. All’altezza delle aspettative anche il prosciutto affumicato, prima del piatto forte: la salsiccia di tonno servita su un letto di lenticchie. Stranissima la sensazione in bocca: in tutto e per tutto ci si aspetterebbe suino e invece arriva la magrissima carne di tonno. A Spalato, invece, su tutte le guide si trova il Buffet Fife, indicato come uno dei veraci ristoranti del porto. Sullo stile del locale, nulla da dire: simpatici i tavoli di legno, anche da condividere con altri ospiti, e ottimi i prezzi. Il servizio, come spesso in questi paesi, è un po’ lento, ma a me hanno sbagliato proprio l’ordinazione e il pesce fritto era davvero un po’ troppo unto. Niente male il risotto al nero di seppia.
Montenegro. Tutt’altra musica nelle cucine montenegrine. In realtà nelle località che si affacciano sulle Bocche di Cattaro, come ovviamente su tutta la costa, il pesce si trova eccome, ma in generale direi che la carne la faccia da padrona.
Segnalo giusto il ristorante dell’Hotel Admiral a Perast, in cui ho assaggiato un polipo grigliato saporito e morbido: si mangia su una terrazza proprio sull’acqua, con la vista sulle belle isolette di San Giorgio e Scalpello. Il servizio è come sempre very slow e non tutto quello segnato in menù difatti è disponibile, ma nel complesso è stata davvero una bella sosta.
Tornando ai piatti nazionali, direi che il ricordo più vivo del paese sia il burek (Börek).
Molti qui lo mangiano a colazione, magari accompagnato da una bevanda a base di una specie di yogurt. Non è per stomaci deboli visto che sto parlando di una specie di pasta sfoglia ripiena di carne (meso) macinata (c’è anche l’alternativa con il formaggio, sir). Tanto gustoso quanto unto. Sicuramente economico, visto che un bel quarto di teglia non costa neanche un euro. In più lo si trova molto facilmente, nei fornai e nelle apposite byrektorë. Nelle trattorie locali sono proposti poi molti piatti di carne, soprattutto la grigliata mista. Io ho provato una sorta di bistecca di suino, farcita di prosciutto (prsut) e formaggio: davvero saporita e consigliata dagli amici locali. Generalmente tutti i tipi di carne che contengono la parola Njeguški hanno questo tipo di ripieno. Finisco con un aneddoto alcolico. Per digerire tutto ciò a Tivat abbiamo chiesto in un locale un ‘liquore tipico’. Immaginate la nostra faccia quando ci hanno portato un (italianissimo) Amaro Montenegro con ghiaccio e limone. Ma, va detto, bevuto qui è un’altra cosa.
Bosnia. Anche a Sarajevo il cibo non è per inappetenti. Dai piatti di carne, agli stufati, ai dolci davvero squisiti. Anche perché le influenze qui nel piatto sono davvero tante, in particolare dalla Turchia.
Nel cuore della Bašcaršija, a Sarajevo, non c’è che l’imbarazzo della scelta in quanto a negozi che propongono, a tutte le ore del giorno, i cevapi (qui li chiamano così). Se il tempo lo permette, la cosa migliore è sedersi e provare questi cilindretti di carne serviti dentro a pane turco e cipolla bianca all’aperto. Molto buoni quelli di Zeljo (i locali sono due, vicini uno all’altro): il servizio è rapido e il posto è frequentato tanto dalla gente del posto, che da famiglie straniere. Per chi ha tempo di sedersi a tavola, un paio di indirizzi vi daranno grande soddisfazione a meno di 15 euro a testa, vino compreso.
Il mio preferito (in cui conviene prenotare, anche perché è piccolo) è il Dveri, molto intimo. Il pane è strepitoso: caldo, bellissimo e morbido, ma che costa da solo 5 marchi. Ho provato il Dveri Stek, una carne ripiena di prosciutto e formaggio impanata, una sorta di karađorđeva (che però è una ricetta serba): una bomba, servita con verdure al forno. Ottimo anche il vino rosso, al calice e non smetterò mai di sottolineare la convenienza: una buona cena locale di questo tipo costa circa 12 euro a persona. Se siete a zonzo per il centro di Sarajevo, poi, consiglierei una sosta in una pasticceria. Se ne trovano molte e spesso raccontano al meglio degli intrecci culturali fra Europa Austroungarica e Asia. Vengono proposti, quindi, o enormi fette di torta o i classici dolcetti che si trovano anche in Grecia, come la baklava. Sul posto si mangiano gli Hurmastica, intrisi di sciroppo, ma per i miei gusti sono davvero dolcissimi.
Un’altra specialità locale è la trota, che qui si chiama pastrmka: lungo la bella e verdissima strada che collega Sarajevo a Mostar si vedono molti allevamenti. Ottima la ‘variazione di trote’, fra cui la versione kebab, proposta dal ristorante Sadrvan, proprio a Mostar, a pochi metri dal famoso ponte.
Vediamo i vini. Soprattutto l’Erzegovina è famosa per i vini e anche sulla costa dalmata ho sentito dei bianchi interessanti. In generale direi che siano freschi, sapidi e con una buona gradazione alcolica. Quello più interessante l’ho bevuto a Sibenik, sempre dal nostro Pelegrini: è una variante del Marastina, vitigno autoctono, che in questo caso ha riposato sui lieviti. Giallo carico, sentori di lieviti. Davvero interessante e adatto sia ai formaggi che alla salsiccia di tonno. Un buon bianco, anche se dall’alcolicità piuttosto traditrice, l’ho trovato sulle Bocche di Cattaro. Era uno Chardonnay, Plantaze, 2011. Al posto del calice mi hanno servito direttamente la bottiglia da 0,25. Un ultimo accenno ai liquori: quello che va per la maggiore è lo slilovitz, una grappa alle prugne che si fa ricordare. E soprattutto, vi farà digerire qualsiasi cosa.
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