E’ un po’ la Cenerentola delle capitali europee e, devo dire, ingiustamente. Per me Atene è stata davvero una sorpresa dopo che tanti me l’avevano descritta come una città deludente: inquinata, caotica e con poco fascino. L’anno scorso, poi, le immagini degli scontri e l’ombra nera della crisi economica avevano contribuito a rendere un po’ cupo questo luogo così evocativo della nostra vecchia Europa. E per fortuna, avevano torto. Certo, non si può partire per la Grecia senza una buona dose di immaginazione, altrimenti la sensazione netta è che i siti archeologici raccontino ben poco delle grandezze di un tempo. Io ci sono arrivata col mio carico di autori e versioni sudate in anni di liceo classico e tanta arte antica nella mente. Tanta storia che sono riuscita comunque a ritrovare sull’Acropoli, nell’emozionante Museo archeologico e nel possente Tempio di Poseidone. Là quei miti che sono il dna della nostra cultura occidentale c’erano ancora. Io li ho trovati. Certo, c’erano anche i segni del disagio sociale, dalle scritte sui muri alle decine di negozi abbandonati e saracinesche abbassate. Ma, sotto il caldo soffocante di luglio e dietro ai negozietti turistici, ho trovato una vivacità culturale che conquista.
Quando si arriva
Il colpo d’occhio arrivando in aereo è sconcertante. Ammetto, ho paura di volare e non sempre guardo fuori dal finestrino in fase di atterraggio, ma Atene dall’alto è un’enorme macchia bianca: una distesa incredibilmente vasta di case. In mezzo, e lo si vede da ogni punto, spicca il simbolo della città, un punto di riferimento: la collina dell’Acropoli, che trasmette ancora tutta la sua sacralità. Il percorso dall’aeroporto è piuttosto lungo: un taxi per due costa circa 50 euro, meglio informarsi per il pullman (autobus X95) e, volendo, c’è anche la metro, (linea 3). Lungo il tragitto i palazzoni anonimi sono un primo biglietto da visita poco attraente, ma il cuore della città, in particolare la Plaka, offre stradine e piazzette pronte a essere scoperte. Un indirizzo che mi ha molto divertita, tanto che ci sono poi tornata l’ultima sera (di ritorno dall’isola di Naxos, nelle Cicladi, ne ho scritto qui) è l’Acropolis Hotel. In posizione eccezionale, è un po’ datato come molti alberghi che lo circondano, ma all’interno c’è un guazzabuglio piacevole di oggetti più o meno vintage e da alcune stanze la vista sull’Acropoli (appunto) è magica. In più il personale è davvero simpatico, anche se, devo avvisare, alcuni miei amici si sono trovati in una stanza senza la porta del bagno. Ma ci ridono ancora su.
Itinerari. Dal classico al pallone
Per farsi già una buona idea della città bastano anche due giorni. Da ripetere fino allo sfinimento: se partite dall’Acropoli (e io lo consiglio), andateci molto presto, appena apre (alle 8 in alta stagione, gli ingressi sono due). Intanto per il caldo che in estate può giocare brutti scherzi (si trovano anche distributori d’acqua all’interno del parco alle pendici della collina). Ma soprattutto perché potreste avere la sorpresa, specialmente se entrate da dietro, di girare l’angolo verso i Propilei e trovarli letteralmente invasi di gente. Fiumi di gente, non scherzo. Per fortuna lo spazio nell’area sacra è vasto e anche lo spettacolare Partenone lascia senza fiato, nonostante ci siano più o meno sempre lavori di restauro in corso. Premettendo che buona parte del fregio si vede bene… al British Museum di Londra, l’enorme tempio di Fidia, diventato persino una polveriera durante la dominazione turca, sembra avere lottato in tutti i modi per restare più o meno integro e mostrarsi fino a noi. E davvero non è cosa da poco visto che il tempietto di Athena Nike, poco prima, è stato smontato e ricostruito come un Lego. Per restare nell’archeologico, merita anche l’Agorà, subito sotto la collina, soprattutto per il tempio di Efesto, meravigliosamente conservato, e il museo sotto il portico di Attalo che, oltre un momento di frescura, offre anche una bella esposizione di oggetti che raccontano della democrazia ateniese.
Con lo stesso biglietto di quanto raccontato finora, non si può perdere la visita al Museo archeologico nazionale, nel quartiere di Omònia, che ospita anche l’università. Ci si può arrivare in autobus da piazza Sindagma (il centro politico della capitale). Da fuori i colori accesi sono un trionfo del kitsch, ma all’interno c’è un paradiso di reperti. Mi sono trovata più volte con le lacrime agli occhi davanti a questi tesori che ci parlano da tempi così remoti. Meravigliosa la prima sezione sulla civiltà micenea (c’è anche la famosa Maschera d’oro che potrebbe riprodurre il viso del guerriero Agamennone); la sala 15, dedicata al periodo classico e le 16 e 18, dedicate ai monumenti funerari. Commovente il vaso 4.485, del periodo successivo alla guerra del Peloponneso: raffigura Hermes che accompagna, per mano, una giovane dell’Ade. Un’immagine che regala serenità, scaturita dalla sensibilità dell’uomo di allora, per raccontare il dolore più profondo. Atmosfera onirica che ha contrastato in modo molto divertente che con la scena che ho trovato subito fuori dal museo: sulla piazza era in corso un’agguerrita partita di calcio fra ragazzini, a pochi metri da dove dormono questi reperti. E’ qui che ho avuto la conferma del fatto che in Grecia vanno matti per il calcio. Di queste partite, nel primo spiazzo aperto sulla strada, ne ho trovate molte altre, anche sulle isole.
Ma questo non è l’unico museo incredibile: lo è anche quello, aperto nel 2009, dell’Acropoli. All’ultimo piano la vista sul Partenone, proprio mentre dall’interno se ne ripercorre il perimetro attraverso i reperti, è un altro momento ineffabile. Se non ne aveste ancora avuto abbastanza, per completare il bagno di archeologia sono tanti i siti in città, fra cui il mitico stadio delle Olimpiadi. Ma tocca il cuore anche la bellezza del Tempio di Poseidone, a Capo Sounio, a circa un’ora e mezza di auto da Atene. Le stupende colonne candide si stagliano contro l’azzurro del mare e del cielo, che si perdono l’uno nell’altro. Mi sembra un posto molto meno invaso dai turisti che può davvero rivelarsi una tappa ideale, soprattutto se decidete di pranzare qui. Poco più sotto, un paio di ristorantini si affacciano direttamente sulla spiaggia e la vista sul promontorio invita al silenzio e alla contemplazione. Quanto all’appetito, è ampiamente soddisfatto dalla cucina, sempre gustosa e abbondante. Da O Elias sono buonissimi sia il polipo grigliato che le cozze, il tutto accompagnato da insalata greca e fresco retsina. Il dolcetto è offerto dal cordiale cameriere che si diverte a cimentarsi con l’italiano. Del resto, Italia Grecia, una faccia una razza.
Non solo archeologia
E a proposito di piaceri della tavola, un altro aspetto bello della città è il perdersi fra le viuzze che salgono alla collina dell’Acropoli e fare soste nei bar o nelle taberne, che spesso hanno tavolini adagiati su scalinate ombreggiate (e qui l’ombra è un valore aggiunto). Nella Plaka si può bighellonare sulle strade lastricate. Non mancano negozietti, a volte di paccottiglia ahimé: per chi vuole comprare un peplo, ad esempio, ce n’è per tutti i gusti. Ho particolarmente apprezzato, invece, i venditori di cappelli di paglia: se si viaggia d’estate è un oggetto fondamentale per non stramazzare sulle rovine. Per me è stato così, quando il primo giorno ho ben pensato di arrampicarmi subito sul Monte Licabetto. Si sale anche con la funicolare (andata e ritorno, 7.50 euro): la cima, su cui si trovano una romantica chiesetta ortodossa e un ristorante, sembra dialogare a distanza con l’Acropoli. Scendendo a piedi, la bella vista sulla città purtroppo è funestata dallo spettacolo di agave, fichi d’india e piante grasse lasciate al loro destino, senza alcuna cura del paesaggio. Peccato, ma Atene è anche questo.
Passando a un po’ di vita serale, nel mio viaggio del 2012 ho avuto la fortuna di assistere a uno spettacolo davvero interessante, Socrates Now. Oltre alla location -un giardino dell’università ai piedi dell’Acropoli-, la suggestiva ‘Apologia di Socrate’ portata in scena da Yannis Simonides è in inglese e dimostra ancora tutta la sua attualità. Non a caso, alla fine segue un dibattito per chi vuole fermarsi con l’attore: l’anno scorso il sottile legame con la crisi era evidente. Guardando un po’ in rete, ho visto che è in corso ad Atene proprio in questi giorni, con date fino a settembre. Una curiosità, l’accoglienza con una birretta fresca sarebbe da esportare anche da queste parti.
Poco lontano, ci sono ristorantini deliziosi, all’aperto, illuminati da candele: si può scegliere a sentimento, mi sembra che il menù fosse più o meno quello tradizionale. Un accenno, però, lo merita un altro posto che unisce cucina tradizionale e atmosfera simpatica, sempre nella Plaka. Si chiama Paradosiako Oinomageirio, in un bell’angolino. Alcuni tavolini sono all’aperto, sul marciapiede. Un posto semplice ed economico, dove gustare ottime sardine fritte, ma anche fresche insalate. Un’ultima nota sulla retsina: non convince tutti, ma per me è un must della Grecia. Non per fare i beoni, ma col caldo che fa sempre, una pausa con questo vino bianco freschissimo dal gusto balsamico (sa un po’ di corteccia in effetti), servito nelle brocche di rame, è davvero un momento di pure piacere.
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