E’ da un po’ di giorni che penso al fatto che ho scritto troppo poco delle Seychelles. Ogni tanto capita di avere un ricordo bellissimo, ma poi lo si lascia un po’ lì nel cassetto. Resta come in una bolla e quasi ci si sorprende di avere fatto realmente una certa cosa, che sul momento è arrivata quasi come un regalo. O forse capita solo a me.
In ogni caso torno a scrivere ora, anche perché le mie Seychelles sono state davvero un viaggio speciale: per la compagnia, perché oggettivamente sono bellissime e perché erano tanti anni che non facevo bagni così lunghi. E poi – non lo sottovaluterei – complice anche un volo molto conveniente e il fatto di essere in quattro a dividere le spese, siamo riusciti nell’impresa di fare un viaggio realmente low cost. Meno di mille euro per una settimana: da queste parti è un mezzo miracolo.
La Digue
Se qualcuno mi chiedesse oggi dove concentrerei la maggior parte del viaggio risponderei sicuramente La Digue, almeno per chi pensa di dormire in guesthouse. Pensando a una sistemazione in resort, le strutture più belle le ho viste certamente a Praslin (ad esempio questo, per farsi un’idea), ma a La Digue ho trovato una dimensione più nelle mie corde. Tutte le Seychelles sono una combinazione felice di strutture turistiche e immersione nella natura, ma La Digue è più piccola e selvaggia, si può girare in bicicletta, e mi ha fatto sentire effettivamente fuori dal mondo. Sempre per chi viaggia in modo indipendente (e quindi deve affidarsi ai mezzi pubblici o guidare su strade a volte molto ripide), Praslin e soprattutto Mahé, sono molto più trafficate.
Appena sbarcata dal traghetto, il villaggio di La Passe mi è piaciuta al primo colpo, nonostante le nuvole basse e le pozzanghere per la pioggia appena caduta. I colori erano un po’ lividi, ma vedere tutti in bicicletta e gli enormi alberi della strada principale mi ha trasmesso serenità. Serenità persa quasi subito visto che abbiamo scoperto uno dei problemi che possono capitare quando si prenota in guest house su Booking da queste parti: nonostante le nostre stanze risultassero confermate, in realtà alla reception ci hanno guardato prima con sguardo insofferente, poi preoccupato: l’errore infatti era il loro. Nel giro di mezzora, va detto, la signora ci ha trovato una soluzione, per quanto un po’ meno all’altezza della precedente. Mollato i bagagli, inforcate le biciclette a noleggio (quasi tutte le guest house le forniscono), abbiamo iniziato a esplorare l’isola.
Anse Source d’argent
Questa spiaggia, anzi questa serie di calette una di seguito l’altra, è sicuramente uno dei luoghi più belli che abbiamo visitato nell’arcipelago, anche solo per la strada panoramica. Abbiamo pagato un piccolo pedaggio, visto che a un certo punto si entra in una piantagione privata, la Union Estate. Da qui si oltrepassa un cimitero storico (ok, è sempre un cimitero, ma in suggestiva posizione sul mare), per poi arrivare a una casa coloniale, la Old Plantation House. Qui vicino, dopo averle scambiate per sassi in movimento che manco in Fantaghirò, potrete scorgere le simpatiche testuggini giganti, con il loro carico di anni e rughe. Sono radunate sotto una parete di roccia e si fanno beatamente avvicinare in cambio di un po’ d’erba. Inutile ricordare di stare attenti alle mani, ma di certo sembra, almeno per un attimo, di avere guardato negli occhi la preistoria.
Se volete saperne di più su come familiarizzare con le tartarugone, qui potete trovare qualche informazione su Curieuse Island.
Proseguendo lungo la strada in bicicletta si oltrepassano le piante di vaniglia, che cresce su queste isole: la vegetazione tropicale è bellissima e rigogliosa e resta una costante fino alla spiaggia. Anzi, come dicevo, le spiagge. È forse meglio parlare,infatti, di tante piccole insenature che sono intervallate da quelle colossali rocce granitiche che sono così caratteristiche alle Seychelles e che si vedono in ogni cartolina. Enormi massi grigiastri, che donano all’ambiente un’atmosfera primordiale, selvaggia. L’altro colore è il verde della foresta che corre subito dietro la spiaggia: camminando in mezzo alla vegetazione si raggiungono i vari punti per fare il bagno, fra rocce, palme e liane. Chi ama l’aperitivo in riva al mare, deve proseguire fino in fondo, quando sbucano chioschetti che vendono bevande di frutta e noci di cocco: è tutto piuttosto caro, ma l’atmosfera è assicurata. In più, Anse Source d’Argent è una delle spiagge balneabili.
Ps. È possibile pranzare lungo il tragitto in in grazioso ristorante sul mare, il Lanbousir. I piatti sono semplici, dal pesce alla griglia e fish & chips. Un pasto abbondante a prezzi abbordabili.
Grand e petite Anse
Ancora una volta, oltre alle spiagge, la vera magia delle Seychelles è la natura rigogliosa che si attraversa per arrivare al mare. A volte si giunge in riva dopo veri e propri trekking (se siete interessati al tema e all’ecoturismo, vi consiglio di guardare qui), in altri casi si può inforcare la bici e pedalare in mezzo a una vera esplosione di colori (e di caldo, poi non lamentatevi). È in questo modo che abbiamo raggiunto la Grand Anse, una meravigliosa, larghissima, spiaggia selvaggia. Qui infatti è in vigore il divieto di balneazione, che francamente rispetterei, anche se qualche surfista si avventura a sfidare le onde. Non ci sono strutture, ma ci si può fermare a leggere sotto i consueti massi di granito. Oppure si può proseguire, camminando per una decina di minuti nella foresta, fino alla Petite Anse.
Sbucando dalle frasche, si intravede il paradiso. Sabbia bianchissima, mare di un azzurro accecante: è un luogo di una bellezza disarmante. Anche qui, almeno nel periodo in cui sono andata io, non si poteva fare il bagno per la corrente, ma stando prudentemente vicino alla riva sono riuscita comunque a immergermi: il consiglio è di fare molta attenzione alle condizioni del mare. Su questa spiaggia si trovano anche piccole capanne fatte con le palme per ripararsi un po’ dal sole, oppure ci si può rinfrescare con un cocco nel chioschetto: costa circa 5 euro, ma ne vale la pena.
Un’alternativa che consiglio è quella di fermarsi lungo la strada che porta alla Grand Anse per sedersi all’ombra e rinfrescarsi con un frullato (o un piatto) di frutta fresca. Si incontrano almeno un paio di postazioni, a prezzi ragionevoli, assaporando una delle poche ricchezze gastronomiche del posto: la frutta tropicale. Popolo del mango: non perdete l’occasione.
Dove cenare
Uno degli aspetti meno convincenti delle Seychelles è sicuramente la scelta nei pasti. Fuori dai resort esistono soprattutto due tipologie di posti per mangiare: il ristorantino piuttosto caro e tendenzialmente turistico o il take away. Questa seconda possibilità permette di risparmiare realmente e se si è in gruppo è abbastanza divertente. In più è l’opzione scelta da molti abitanti del posto, quindi può essere anche un modo per vivere più da vicino la cultura locale. Nel caso di La Digue abbiamo provato il Mi Mum Takeway (dal lunedì al sabato), un posticino defilato, ma molto frequentato e piuttosto simpatico. I piatti sono un po’ sempre quelli, dal fish & chips, al pesce con riso, al curry o piatti di influenza indiana.
Come consiglio finale, su questo punto, direi che per chi viaggia in guest house con cucina indipendente, potrebbe non essere mano portarsi da casa un po’ di pasta e condimenti: la varietà nei supermercati locali è davvero piuttosto scarsa.
Per tutte le informazioni su un viaggio low cost alle Seychelles ⇒ leggete Paola.