Questa è un’estate strana. Non ci sono vere e proprie ferie, non c’è un viaggio pianificato da tempo, ma tanti piccoli giri. Tanti blitz, come li chiamo io, di circa quattro giorni, organizzati un po’ all’ultimo, in base a qualche suggestione letta sul web o alle offerte di Skyscanner. Ho visto molti luoghi in Italia per la prima volta, ho passato del tempo con nuovi amici, anche in angoli vicino a casa. Ma, intanto parto dall’ultima tappa, quella di Cres, una bellissima scoperta (grazie al blog Viaggi di ritorno! Mi è bastato leggere poche righe per capire che era il posto giusto per me).
Cres, o Cherso, è una delle isole del Quarnaro, davanti all’Istria e alla città di Fiume. Tecnicamente Croazia, ma con tanta Italia, a partire dai nomi degli abitanti. Uno dei motivi che mi hanno portata qui, infatti, è che si inserisce in una mia fissa che dura da un po’. Dare la priorità ai luoghi di confine, dove si mescolano le nazionalità, le lingue e che siano possibilmente decentrati. Meglio ancora se nel cuore del Mediterraneo, un filo rosso che torna in molti dei miei ultimi viaggi. Ma questo sproloquio lo rimando, oggi si parla di Cres.
L’isola dei fichi
Cres è un’isola molto grande, però gli abitanti sono pochissimi, poco più di 3mila. E’ praticamente una doppia isola, visto che è collegata da un ponte a Losinj, che però ha già un’anima completamente diversa. Cres è più selvaggia, più spartana, un vero concentrato di natura. Meno yacht e più barchette a vela e gente che getta la sua canna da pesca un po’ ovunque e a tutte le ore del giorno Quasi non ho visto negozi, se non nella cittadina principale, Cherso, appunto. In compenso è un’isola che regala paesini minuscoli sul mare e altri, ancora più piccoli, nell’entroterra, dove la cottura dell’agnello è un’arte. A proposito, l’allevamento delle pecore è una delle principali attività, così come l’apicoltura. E poi ci sono i fichi. Profumati alberi di fichi quasi ovunque. Gelati ai fichi, marmellata di fichi. E io, che pensavo che non mi piacessero, mi sono dovuta completamente ricredere.
L’isola si gira molto bene in auto. A volte la strada, che sale parecchio rispetto alla costa, regala scorci suggestivi sul mare, a volte si snoda in boschi pieni di ulivi, pini: macchie verdi intervallate solo dai muretti a secco e dai cartelli che indirizzano a qualche gostionica (osteria). L’essenza del posto sta nella sua semplicità. E’ uno di quei posti, che pure ad agosto, ti lasciano addosso un senso di libertà, soprattutto quella di mandare al diavolo l’orologio.
Valun
Noi abbiamo scelto di fare base in questo minuscolo borgo di pescatori sul mare e ci tornerei sicuramente. Il porticciolo, animato da taverne e ristoranti, è piccolo e molto accogliente. Ci sono le poste, un paio di alimentari e tutto il resto sono case color pastello che si affacciano sulle barche ormeggiate. A Valun ci sono due spiagge principali, entrambe di ciottoli bianchi, che brillano sotto l’acqua trasparente, affollata di pescetti anche a riva. Una, alla destra del paese, ha alle sue spalle un campeggio (sull’isola sono molto numerosi). Noi abbiamo scelto quella sulla sinistra, che si raggiunge con una splendida camminata lungo il mare di cinque minuti. La spiaggia compare dopo essersi lasciati dietro muretti a secco, pini marittimi e case costruite durante la dominazione italiana (il periodo fra le due guerre mondiali). Anche qui come in altri punti dell’isola, le spiagge sono strette e in giornate come la domenica si riempono in fretta. In questo caso si possono noleggiare anche lettini e kayak (poco distante c’è pure un chiosco), ma chi vuole può portarsi il suo materassino (consigliato sui sassi: lo vendono in paese per poche kune). Noi abbiamo preso il kayak due volte per esplorare anche calette vicine: in realtà quella più facile per ‘l’attracco’ era popolata da naturisti e abbiamo battuto in ritirata. Ma per chi fosse interessato… beh è davvero un bel punto, proprio davanti al paese.
Lubenice
E’ la meta che da sola vale il viaggio. Il luogo remoto che riconcilia con il mondo e con cui si stringe un patto da subito: un pezzo di cuore resterà lì su quella scogliera. E’ il minuscolo borgo abbarbicato su un’altura, in cui vive una manciata di abitanti e molte case sono popolate da fichi (ancora loro): insomma, andiamo oltre il concetto di decadente, in alcuni vicoli regna proprio l’abbandono. Ma l’essenza di Lubenice è anche in questo: nella vitalità che riappare dietro un angolo nonostante tutto e che incanta i turisti. Resiste un museo dedicato all’allevamento delle pecore e una konoba strepitosa, in cui vi serviranno solo ragazzi giovani (da provare l’agnello cotto sotto la campana di ferro). La strada per arrivare fino in cima è molto stretta, fra muretti, qualche casa sparsa e boschi ombrosi.
Ma ne vale la pena, perché poi si arriva in un angolo speciale, soprattutto al tramonto, quando il mare è incendiato dal sole calante. All’inizio del paese parte anche il sentiero che porta alla spiaggia: per scendere serve circa un’ora (non oso immaginare la risalita). Noi ce la siamo presa comoda e siamo arrivati con la barchetta di Roberto, il proprietario della nostra pensione: comunque sia, anche la spiaggia è fra le più belle dell’isola e da poco distante si entra in stupende grotte (dall’acqua gelida) da cui filtra una surreale luce azzurra. Ma torniamo alle case di pietra aggrappate alla scogliera: gironzolate per il borgo, ascoltate il rintocco della campana, guardate le signore anziane chiacchierare dopo essere state nel piccolo cimitero. Assaporate il senso di pace, sentendovi lontano da ogni follia di questo mondo, follie così vicine, nel cuore del nostro Mediterraneo. Ad aggiungere magia al tutto, ci pensa la scrittrice Claudia Heckl: la sua abitazione si trova proprio sulla strada che sale a Lubenice venendo da Valun e ci si arriva seguendo il cartello con scritto gelato ai fichi. Sarete catapultati in un mondo fermo, con gatti che dormono al sole e piante aromatiche. Scrittrice tedesca trasferitasi a Cres, questa ospitale signora vi offrirà anche miele e sciroppi a base di erbe. Si può anche acquistare il suo libro autografato: noi nel dubbio abbiamo comprato tutto!
Beli
Anche Beli è un piccolo borgo abbarbicato sul mare, da cui si scende per una bella (e attrezzata) spiaggia di ciottoli, con alle spalle un campeggio. In compenso ci troviamo in un’altra zona dell’isola, chiamata Tramuntana: nome che rende molto l’idea sul vento che vi si può trovare. Anche in questo caso il paese, da cui ammirare gli scorci di mare, si gira a piedi in pochissimo e non manca la gostionica dallo spirito montanaro in cui trovare riparo dal caldo.
Anche la spiaggia, in fondo a una ripida discesa, è graziosa. Si può noleggiare il kayak mentre i più avventurosi (e quindi io non faccio parte del gruppo), possono cimentarsi in una zipline da cui volare sul mare. Dietro la spiaggia, due bar e un minimarket, il centro diving: bella atmosfera anche qui, in una delle spiagge più vicine al traghetto. Un’ultima cosa, per chi è in fissa con il mondo dei volatili: a Beli si trova il centro scientifico-ecologico per la tutela dell’ambiente, in cui saperne di più sulla presenza dei grifoni. Sono una specie di avvoltoi, che ancora nidificano a Cres, che si cerca di preservare dall’estinzione (qui, ho trovato molte informazioni). Ne abbiamo visto uno in volo dall’auto: era davvero enorme!
Mangiare a Cres
Mangiare a Cres è un’autentica guduria. Non solo per le tarverne di pesce sul mare, ma anche per le trattorie di collina specializzate in agnello. So che su questo tema rischio di urtare parecchia gente, quindi mi trattengo, ma in generale la carne ovina ha un ruolo importante nella cucina locale.
L’angolo del pesce
Grigliate e pesce fresco del giorno non mancano mai a Valun. Ottima la grigliata proposta da MaMaLu, con patate ed erbette. Molto abbondante, occhio quando ordinate, che poi sale pure il conto. Per i primi, invece, andate al San Marco: un’altra taverna proprio sul mare, in cui ho mangiato uno straordinario risotto al nero di seppia. Si sale di livello (e di prezzo) al Na Moru: i piatti sono più ricercati e i tavolini, proprio, sull’acqua, sono molto romantici. Si spende come in Italia (se non di più), ma ne vale la pena. Bello e più economico il ristorantino sulla piazza, la konoba Tos Juna sotto il pergolato. Impossibile non notarlo perché ci sono all’esterno delle scritte in glagolitico, l’antica lingua locale. Ottimo il pesce del giorno.
L’angolo della carne
Di Lubenice ho già parlato sopra, quindi mi concentro sulla gostionica Bukaleta, famosa tanto fra i turisti quanto fra i locali. L’agnello è servito in tre versioni: impanata, ai ferri e al forno e servito in grandi fiamminghe. Buonissime anche le patate al forno e l’insalata di pomodori. Non fatevi scappare gli gnocchi, con gulash: eccezionali. Ci siamo tornati due volte, non abbiamo saputo resistere! Si trova nel minuscolo paesino di Loznati, a pochi chilometri dalla cittadina di Cres. Non esagero a dire che è uno dei ristoranti migliori in cui io abbia mai mangiato. E di tentativi ne ho fatti.
Informazioni pratiche
Cres si raggiunge con un traghetto comodissimo che parte da Brestova, in Istria (circa 40 euro andata e ritorno con l’auto). Il tragitto è molto veloce: in quindici minuti si è dall’altra parte. Nel primo weekend d’agosto non abbiamo praticamente trovato coda: il minimo per salire con l’auto sulla nave, e abbiamo preso uno dei primi, quello delle 8.15. Per chi parte da Bologna e similari: noi ci siamo messi in macchina alle 3.15 di mattina, quindi siamo arrivati in cinque ore, compresa la colazione in autogrill (e alba su Trieste, wow). Occhio: arrivando dall’Italia si passa per la Slovenia, per cui bisognerebbe comprare la vignetta da attaccare sul finestrino. Noi l’abbiamo presa direttamente in una degli ultimi autogrill prima di Trieste.
Pernottamento a Cres
Abbiamo deciso la nostra meta con largo anticipo… ben due giorni! Quindi, dopo qualche email e chiamata infruttuosa, ci siamo affidati a Booking per trovare un posto libero, cosa non proprio scontata a inizio agosto. La scelta è caduta sulla Pensione del simpatico Roberto: l’appartamento era molto piccolo con bagno a parte (comunque privato). Forse 70 euro per un monolocale di 20 metri sono un po’ troppi, ma in fondo parliamo del mese di agosto. In più la bellezza delle terrazze comuni vale il prezzo: da quella più in alto, fra fichi e ulivi, la vista sul golfetto di Valun è splendida. La gita in barca (con un’altra coppia), l’abbiamo pagata 60 euro per stare fuori tutta la mattina (io mi sono pure fatta appendere dietro a un canotto, una specie di tubing, vabbè). Occhio ai saluti d’addio: Roberto e la moglie (dopo averci regalato la marmellata di fichi, ancora loro) ci hanno salutato con un cicchetto di nocino alle 10 di mattina. Ah, l’ospitalità balcanica.
L’ultima notte l’abbiamo invece prenotata in loco, guardando i cartelli fuori dalle pensioni. Siamo così finiti al Palac, proprio sul porto. La struttura è più simile a un albergo con tanto di colazione (stesso prezzo per una bella stanza in mansarda).
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