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Il 2015 da sfogliare: i miei libri di viaggio

I libri del 2015

E’ la prima volta che scrivo di libri, ma mai come quest’anno mi sono dedicata alla lettura di viaggio e così eccomi qui. In questi mesi ho pensato che, prima di scrivere, a volte serve leggere chi la sua voce l’ha già trovata e quindi ho fatto scelte un po’ diverse sugli scaffali delle librerie. Poi, come al solito, le cose succedono un po’ prima che ce ne accorgiamo e, alla fine della fiera (e dell’anno), mi sono resa conto che quasi tutti questi libri erano scritti da donne. Nessuna scelta femminista consapevole la mia, ma forse qualcosa dentro di me mi ha spinta in questa direzione. Con l’eccezione di Paul Theroux, scrittore quasi mitologico per me.

Questi titoli di libri di viaggio dovevano essere consigli per i regali di Natale, ma sono arrivata lunga. Le parole, però, erano lì, in parte già scritte negli scorsi mesi, e dunque ecco il mio 2015 di libri.

Mangia, prega, ama. Una donna alla ricerca della felicità.

Senza Fondo, devi imparare a scegliere i tuoi pensieri, proprio come ogni giorno scegli i vestiti da mettere. E’ in tuo potere…. Il resto lascialo perdere. Se non domini i tuoi pensieri, allora sarai sempre nei guai.

Libri di viaggio: Mangia, prega, ama di Elizabeth Gilbert

Mangia, prega, ama: dal libro di viaggio di Elizabeth Gilbert è stato tratto un famoso film

In Italia si impara il piacere, il prendersi cura gli uni degli altri, ci sono gli amici, il senso del bello. In India si esplora il fondo del proprio cuore, è una discesa verso il basso, ma alla fine si cacciano i demoni dei sensi di colpa. A Bali ci si riconosce e, con un po’ di fortuna, si (ri)trova pure l’amore. Questo il percorso di Elizabeth Gilbert nel suo racconto autobiografico: la storia della ricerca dell’equilibrio dopo un divorzio straziante e in quel periodo di svolta che sono i trent’anni. Ed è soprattutto un racconto di viaggio, durato un anno, fra paesaggi ed esseri umani, tutti con qualcosa da insegnare, per chi ha sempre voglia di imparare. Il film, che ormai avranno visto pure i sassi, è la classica pellicola americana ben fatta, ma fitta di stereotipi. Italiani che gesticolano, India un po’ per frasi fatte e Bali come paradiso hippy. Il trionfo del pittoresco. Il libro, invece, offre un sincero racconto di se stesse, dei momenti di crisi, della difficoltà di vivere una vita che ci somigli. E tutto anche grazie al viaggio, che aiuta, come dico sempre io, a ossigenare il cervello, a mettere le cose nella loro prospettiva più giusta.

Cosa mi ha lasciato questo libro. Che i periodi di crisi sono necessari prima delle grandi, positive trasformazioni. Dovremmo pensarci, ogni volta che ci sentiamo alla canna del gas. E che, certo, ci vorrebbero un lavoro favoloso e tanti soldi per realizzare un sogno come questo. Ma alla fine quello che serve davvero è una buona dose di coraggio: saremmo tutti in grado di fregarcene e partire?

Wild

Ero sola. A piedi nudi. Avevo ventisei anni ed ero orfana. Ero stata già tante cose. Ma una donna che cammina da sola in zone selvagge per migliaia di chilometri, non ero mai stata nulla di simile prima. Non avevo niente da perdere a provare. Guardai verso sud, al deserto da cui venivo, al territorio selvaggio che mi aveva temprata e bruciata, e considerai le mie opzioni. C’è n’era una sola, lo sapevo. Ce ne era sempre una sola. Continuare a camminare.

Reese Witherspoon in Wild

Reese Witherspoon nel ruolo di Cheril Strayed nel film Wild

E proprio la parola coraggio non poteva che essere l’inizio della riflessione sull’omonimo libro di Cheryl Strayed. Anche in questo caso ho visto prima il film, tratto da un volume che negli Stati Uniti è diventato in breve un bestseller. La pellicola è fedelissima al testo, rispettandone spirito e struttura a flashback. Se l’inizio dell’avventura per la Gilbert era tormentata, quella di Cheryl, è ancora più drammatica.

Il Pacific Crest Trail (Foto tratta da www.pcta.org)

Il Pacific Crest Trail (Foto tratta da www.pcta.org)

Il cammino, a piedi, lungo il Pacific CrestTrail diventa un’urgenza per superare, con la fatica fisica, un dolore devastante. La protagonista, che sente di non avere più nulla da perdere dopo avere dovuto dire addio alla madre, scomparsa bruscamente, compie una specie di espiazione percorrendo quasi 3mila chilometri con uno zaino enorme sulle spalle. Nella natura Charyl ricerca la bellezza perduta in un periodo buio della vita, fatto di eccessi e droghe (anche qui c’è un divorzio). Fino a capire che la vera sfida è proprio quella di vivere, nonostante tutto. Vivere anche per chi non c’è più, senza sentirsi in colpa. Sullo sfondo della rinascita interiore c’è soprattutto un paesaggio maestoso, che spazia dal deserto con i serpenti a sonagli, ai ghiacci, alle foreste. Panorami sconfinati, in cui gli uomini, camminatori, possono stringere incredibili rapporti di amicizia.

Cosa mi ha lasciato questo libro. Che in mezzo alla natura si impara a togliere il superfluo, i pesi che ci portiamo sul cuore, pensando solo a quello zaino che ci sfianca i muscoli, ma alleggerisce la mente. Nella natura si tocca il punto più profondo di sé: è un incontro ravvicinato che può sconvolgere, ma che prima o poi va fatto.

Clamore in Asia

In più occasioni la Città degli angeli mi ha regalato scoperte interessanti, e spesso inaspettate. In mezzo a quel guazzabuglio di grattacieli e sopraelevate, tra centri commerciali di lusso e inni alla modernità, edifici storici e templi sacri, mi sono ritrovata a sorridere con il cuore.

ebook di viaggio: La copertina di Clamore in Asia

La copertina di Clamore in Asia

Un assist imperdibile, per una storia più vicina a noi. Claudia Moreschi un giorno di novembre si è trovata su un aereo per Bangkok con in mano un biglietto di sola andata. E così in Asia – fra Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam – ci ha passato cinque mesi. Ma quel gesto, quello zaino fatto prima di partire per l’ignoto, non è frutto del caso, ma nasce da un atto di ribellione e da un senso di insoddisfazione che Claudia spiega benissimo nelle prime pagine. Dopo di che si parte assieme a lei, attraverso un racconto che si colloca a metà strada fra la guida, con molti consigli sui luoghi da visitare, e un diario carico di impressioni. Una buona lettura per chi ha voglia di scoprire il Sud est asiatico, ma ancora non si è deciso a partire e sdoganare, in un Paese come il nostro, che viaggiare da soli non è roba da svitati.

Cosa mi ha lasciato questo libro. Che non sempre certe cose capitano a scrittrici americane o persone molto distanti da noi e che tutti possiamo cambiare le regole del gioco. Destinazione paradiso diceva una canzone. Di certo, nel caso di Claudia parliamo di destinazione libertà. A volte non basta una vita per trovarla, quindi, francamente, non è una cosa da poco.

Nel bianco

Qui, al sessantesimo parallelo, affacciata sull’Oceano Artico in questo mese di aprile che in niente somiglia alla primavera come io la conosco, ho distanziato un sacco di cose, compresa me stessa, o almeno quella che credevo di essere. Perché ogni vero viaggio presuppone la disponibilità ad accettare l’imprevisto, qualunque esso sia, anche quello di non sapere più di preciso chi si era prima di partire.

Libri di viaggio: Nel bianco di Simona Vinci

Libri di viaggio: Nel bianco di Simona Vinci

Un altro viaggio in solitudine, perché la scrittura richiede silenzi. Quella di Simona Vinci è una sfida vinta con le proprie paure, ma forse non con la Greonlandia. Una terra dura, ai margini del nostro mondo, dove la fine dell’infanzia spesso apre inquietanti interrogativi sul proprio futuro quando si è circondati da una natura così ostile. L’autrice trascorre alcune settimane da sola in una cittadina raggiungibile sono in elicottero vivendo sulla sua pelle le difficoltà di comunicazione in un mondo in cui l’inglese è per pochi, l’alcol è un baratro in cui precipitano uomini e donne e le uniche chiacchiere si fanno con i medici all’ospedale. O in una scuola, incontrando i giovani del posto, quasi uniche voci in un’umanità congelata, come la natura circostante. Se il bello del viaggio spesso sono gli incontri, in Groenlandia gli Inuit sono un rebus, mentre la natura impone i suoi ritmi. Amo come la Vinci collega spazi apparentemente distanti: le bianche distese sopra il Circolo polare artico a tratti ricordano quelle della bassa bolognese, un  vasto orizzonte piatto. Sono collegamenti che zampillano sempre nella mia testa, ogni volta che sono in viaggio. Io che la casa me la porto sempre un po’ dietro.

Cosa mi ha lasciato questo libro.  La verità  è l’onestà del viaggiare, che non è sempre una bella parentesi, in cui tutto all’improvviso ci piace. Il viaggio è come il resto della vita, anche se vissuta per un po’ da un’altra parte, e alterna alti e bassi. Mi insospettisce chi torna dicendo che è stato tutto stupendo: è in qualche momento di insofferenza, di sconforto, di paura che iniziamo a scrivere le emozioni del viaggio dentro di noi.

La bastarda di Istanbul

Mentre camminavano su e giù per le stradine tortuose, ogni quartiere sembrava ad Armanoush così diverso dal precedente da farle pensare che Istanbul fosse un labirinto urbano, una serie di città dentro la città.

Ponte di Galata, Istanbul

Ponte di Galata, Istanbul (Foto di Patrick Colgan)

Esco un attimo dal seminato, ma forse neanche troppo perché Elif Shafak mi ha portato per mano nella sua Turchia, in un viaggio ideale nel suo mondo colorato tutto al femminile e nei miei ricordi legati a questa città emozionante. Di Istanbul si sentono i rumori, i profumi delle spezie, che danno il nome a ogni capitolo. E’ un universo al femminile, con protagoniste complicate, tutte parte di una stessa famiglia che si intreccia nel tempo e nella storia. Quattro piccole donne in una casa ottomana, in cui gli uomini muoiono presto e le mogli e le madri tessono i fili del destino. Il racconto si snoda fra i luoghi più suggestivi della città, fino agli Stati Uniti, passando per l’irrisolta questione armena. Variopinto, caotico, commovente.

Cosa mi ha lasciato questo libro. Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è disgraziata a modo suo. Non me la sono inventata io questa, ma è così. E il dramma umano si mescola a quelli della Storia. Ma la vita pulsa in questo libro a tratti ironico, a tratti amaro, e le radici, anche quelle scomode, sono fili rossi che ci  guidano anche nei peggiori labirinti.

Dark Star Safari

La parola swahili safari significa viaggio, e non ha nulla a che fare con gli animali; una persona in “safari” è semplicemente via, non raggiungibile e fuori portata. Ed essere fuori portata, in Africa, era precisamente quello che volevo. Il desiderio di sparire mette in cammino molti viaggiatori.  Se ne ha fin sopra i capelli di essere costretto ad aspettare, a casa o al lavoro, il viaggio è l’ideale: fai aspettare gli altri, una volta tanto.

La mia Cape Town

La mia Cape Town

Non posso non metterlo, è il mio libro dell’anno. Paul Theroux ha sconvolto per sempre la mia idea di viaggio e racconta in un modo così vivido e perfetto che mai come fra le sue righe mi sembra realmente di essere stata in certi posti. In questo libro lo scrittore attraversa l’Africa per il lungo: dall’Egitto a Città del Capo. In mezzo, spostandosi quasi solo via terra tra ambasciate addormentate e squallide frontiere, trova spazi sconfinati, meravigliosi  e struggenti e un’umanità disperata, a tratti dantesca, in cui non mancano incontri commoventi. La narrazione, in questo paese perduto, mantiene sempre una mano leggera, condita di una sottile ironia, anche nei momenti più drammatici.

Il viaggio di Theroux, compiuto in età già avanzata, si snoda anche nei ricordi: in quell’Africa lui ci ha vissuto, molti anni prima. Un paese che a tratti ritrova uguale e lo ringiovanisce, a tratti indietreggiato, cosa che lo riempe di frustrazione. Io che amo infinitamente la Mia Africa di Karen Blixen, ho trovato un modo diametralmente opposto (e non solo per il periodo storico) di narrare, con tratti quasi giornalistici e a volte supponenti, sempre di grande amore, questo travagliato continente.

Cosa mi ha lasciato questo libro.  Theroux si insinua nella vita di chi si credeva viaggiatore lasciando la convinzione di non avere capito niente. Dopo questo libro mi è cresciuta la voglia di attraversare le frontiere a piedi, di privilegiare gli spostamenti via terra, con i ritmi lenti. Certo, lui può allontanarsi da casa per mesi, pure anni, ma il concetto non cambia: il viaggio è fatto da uomini e incontri decisivi, che vanno accolti senza pregiudizi e mente libera, perché ci daranno insegnamenti importanti. Le persone come insegnanti, senza accorgermene sono tornata al primo libro della Gilbert.

Gli altri libri di viaggio consigliati dai blogger

(con l’hashtag #libriaNatale)

* I dieci libri di Trip or Treat?*

*I dieci libri di In ogni viaggio*

*I cinque libri di Mi prendo e mi porto via*

*I libri consigliati da Orizzonti*

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