Uno dei motivi per cui la vite mi sta così simpatica è che cresce, e bene, nei posti più impensati. Meno scontati. Uno di questi è Santorini, una semiluna di terra annerita nel cuore delle isole Cicladi, in Grecia. E l’altra cosa che me la rende ancora più simpatica è che è una pianta che i luoghi li racconta, li sintetizza. E a Santorini l’ho notato una volta di più. Il mio rapporto con il vino greco fino adesso era caratterizzato da una profonda simpatia, per la rinfrescante e traditrice retsina, o per quei ‘vini del contadino’ che spesso ti propongono nei paesini. Ma non mi ero ancora trovata davanti a un vino qualitativamente così interessante come quello di Santorini, dove la viticultura ha una sua secolare tradizione. E, sembra strano a dirsi nel cuore dell’Egeo, ma la via principale che collega i vari punti della minuscola isola è una Strada del vino. Sono molte le cantine presenti sull’isola, come racconta molto bene un capitolo della guida Marco Polo. Soprattutto sono ben indicate quelle prese d’assalto dai turisti stipati sui pullman, unico vero aspetto urticante di Santorini. Nelle due che racconto qui, invece,il problema non si è presentato.
La cantina Galavas a Megalochori
La cantina si trova nel cuore del sonnolento paesino. Il centro è costituito da poche strade, in cui le bouganville esplodono sul bianco accecante delle case. Diversamente forse si passerebbe di qui, lasciando la via principale che porta verso le spiagge di Perissa. Si arriva in un fresco patio di pietra: all’ora di pranzo ci siamo soltanto noi. La famiglia fa vino dagli anni Venti e la produzione è rivolta sostanzialmente verso l’isola o Alessandria d’Egitto. L’assaggio di alcune etichette costa 5 euro, con crostini di accompagnamento. Scopriamo subito le principali varietà autoctone di Santorini, come l’Assyrtiko: un bianco fresco e sapido. Ci sento subito erbe aromatiche e tanta mineralità.
Ancora più interessante è però il Nykteri: fa anche un passaggio in legno che dona morbidezza e maggiore equilibrio. Deve il nome alla vendemmia notturna, fatta anche per evitare il caldo e i rischi di fermentazioni spontanee. Questo vino mi tornerà in mente il giorno dopo, sull’isoletta di Nea Kameni: creatasi solo nel Settecento dopo l’ennesimo episodio sismico della zona. E’ un pezzo di terra letteralmente affiorato dalla caldera del vulcano che nel 3.600 a. C. si era portato via la metà dell’isola. Su quelle rocce nere, arroventate, ancora in formazione, in alcuni tratti si sente odore di zolfo. Ecco, dentro il Nykteri avevo sentito questo: profumi, asprezza, calore.
Di questa cantina segnalo anche il rosè, Voudomato, che qui d’estate accompagnano alla carne alla griglia ed è caratterizzato da sentori di frutta rossa fresca. Molto gradevole col caldo. Il pezzo forte è, ovviamente, il Vinsanto: un vino che bevono anche come aperitivo perché non è mai troppo alcolico (anche se l’alto residuo zuccherino me lo fa visualizzare in tavola con un dessert, ecco). Comunque sia il Visanto (che costa non meno di una trentina di euro) è prodotto a partire sostanzialmente da tre vitigni: Assyrtiko, Athiri e Aidani. Le vinacce vengono raccolte e poi fatte appassire per giorni. Il colore caramello e la dolcezza non stucchevole ne fanno un vino davvero interessante. Vale la pena di rischiare di allagare la valigia e portarselo a casa.
Cantina Antoniu
Tradizionalmente, uno dei punti noti (fin troppo) di Santorini in cui si ha la vista migliore sulla caldera sarebbe Oia. Non tutti forse sanno, però, che dalla cantina Antoniu, vicino al paesino di Pyrgos, lo sguardo abbraccia il mare scintillante come, secondo me, in nessun altro posto dell’isola. Questa azienda, aggrappata alla parete rocciosa, era segnalata sulla guida proprio per la spettacolarità della location. Grande, dunque, la nostra delusione nel trovarla chiusa con tanto di lucchetti. Ancora non abbiamo ancora capito il motivo (non ci hanno risposto alla mail), ma mi auguro vivamente che fosse solo un momento di ferie. In ogni caso, oltre alla commovente vista sull’intenso blu di Santorini, siamo comunque riusciti a vedere bene le vigne coltivate con l’alberello basso un sistema di allevamento particolare che dalle mie parti, nel nord Italia, non si vede: le piante sono bassissime, un po’ interrate, e le radici avvolgono i frutti come in una spirale protettiva. Un piccolo nido, insomma, per riparare gli acini dal caldo soffocante.
Cantina Roussos
Abbiamo così proseguito verso la tappa successiva, la Canava (Cantina) Roussos, nel sud dell’isola (d’estate è aperta tutti i giorni fino alle 19). Anche qui si lascia il caldo della strada entrando in un fresco cortile di pietra, con molti tavoli per la degustazione (che costa 10 euro per sei assaggi e qualche stuzzichino, tipo i famosi pomodorini di Santorini). Qualche esempio? Un nome, un programma: il vino Caldera. Ovviamente non poteva che essere Assyrtiko (più Mantilaria) che si fa una dormitina in botte per un anno: speziato e tannico. Grandi soddisfazioni anche con la triade di vini dolci. A me è piaciuto molto l‘Athiri, che in realtà è semidolce: i grappoli vengono lasciati appassire per quindici giorni, processo che lascia un colore dorato e profumo di frutta secca. Il mio preferito è comunque il Mavra thiro, tanto che me lo sono portata a casa. E’ un rosso dolce, che ricorda un passito, e prende il nome proprio da questo vitigno (non in purezza però). A differenza del precedente il sonnellino in botte dura tre anni e i sentori ricordano i frutti rossi e la cannella. Siamo alle solite, qui lo presentano come aperitivo, ma io francamente lo vedrei meglio col cioccolato.
Link su Santorini
Ecco qui sotto un altro paio di spunti: itinerari a Santorini (sul blog Orizzonti) e il viaggio nelle cantine (di Mi prendo e mi porto via). Buona lettura
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