Miyajima: il paradiso del cibo di strada
Lo devo dire anche questa volta: in Giappone la cucina, il cibo, l’aspetto enogastronomico (chiamatelo come preferite) vale una buona parte del viaggio. Una larga fetta del viaggio. C’è bisogno di farmi 10mila chilometri per mangiare un po’ di buon giapponese? Eh sì perché, almeno in Italia, al massimo ti propongono dell’ottimo sushi, ma in generale piatti lontani anni luce della varietà che trovo nel Sol Levante (parola brutta lo so, ma non posso ripetere Giappone mille volte). Ecco perché la scoperta dello street food è stata davvero esaltante. Nel mio primo viaggio avevo forse scoperto le basi di questa straordinaria cucina, questa volta mi sono lanciata in nuovi esperimenti. E ne sono ben felice.
Scriverò più post su questo paradiso gastronomico, ma intanto parto da un luogo che mi fa tornare l’acquolina in bocca solo a pensarci: Miyajima. Mi rendo conto che il tutto suona un po’ blasfemo, visto che in questa isola che si affaccia sul Mare Interno in realtà si viene per visitare una delle tre meraviglie del Giappone e il suo Santuario di Itsukukushima, che affiora dall’acqua. E’ un’immagine che si vede spesso. Si arriva da Hiroshima con la nave: qui la gente sembra un po’ un protagonista della scena iniziale di Novecento di Baricco, quando gli immigrati fanno a gara per vedere per primi la Statua della Libertà. Qui accade con il Tori rosso: magica porta shintoista del tempio che sembra galleggiare sul mare. Insomma, in questo luogo così idilliaco (per quanto preso d’assalto dai turisti), in cui si incontrano cerbiatti liberi e si guarda romanticamente l’orizzonte scandito dalla marea, ammetto di essere stata davvero presa per la gola e dalla frenesia di assaggiare tutto. A mia discolpa dirò che sembra che qui abbiano inventato un oggetto per niente banale in Asia: la paletta da riso (ce n’è una enorme di legno esposta!).
Miyajima: non solo ostriche
All’inizio non potevano che essere le ostriche. Tutta la zona di Hiroshima è famosa per questa meraviglia del mare, che per altro ha costi molto più contenuti rispetto all’Italia e per quanto le conchiglie siano molto più grandi. Chi sta per sfoderare la facile ironia sul crudo sappia che fondamentalmente qui si mangiano cotte. Sono moltissimi i posti che le propongono: fatevi tentare per questi pochi yen. Di solito si comprano a pezzo, a me piace tantissimo la versione grigliata: è buona anche semplice, ma con il burro fuso, con untuosità e sapidità che si fondono alla perfezione, è da urlo. Ne ho trovato una versione ‘flambé’: notevole. Ovviamente le stramberie giapponesi non hanno mai fine e c’è pure la versione con paprika o maionese. Qualcuno mi faccia sapere se la prova.
E poi. L’avete mai assaggiata una murena? Ora io sì. In un localino minuscolo che attira l’attenzione per le scatole di Champagne in vetrina, ma che in realtà su un lato prepara cibo ‘da passeggio’. Noi, anche per ripararci da un momento di pioggia, ci siamo seduti all’interno (tutto molto bio e legno, bello), per accompagnare i piatti (pochi quelli in carta): c’era l’anago-meshi, murena grigliata su riso, ma io ho puntato sulla versione tempura. I giapponesi vanno matti per questo pesce grasso e saporito. Ora ho capito perché.
Ah, il locale si chiama Zipang: è gestito da due giovani ragazzi e si trova appena fuori dalle vie più trafficate di Miyajima, leggermente a monte, nascosto in una delle strade che vanno verso il monte Misen e la funicolare.
Tornando in strada, sono molti i ‘baracchini’ che preparano vari tipi di spiedini di pesce, a volte in versione fritta e di forme simpatiche. Ma i giapponesi, si sa, amano queste cose buffe, a volte un po’ infantili. Lo spiedino caratteristico è quello fatto come una foglia di acero (c’è anche un simpatico dolcetto, ripieno di crema o cioccolata con la stessa forma, il momiji manju). Nel caso raccontato dalla foto qui sotto, cambiava solo il ripieno: dall’ostrica al gambero, polipo (pure formaggio).
Un altro piatto da assaggiare è lui: il mitico ‘panino cinese’. Così l’abbiamo soprannominato noi, in realtà si chiama Nikuman (o Butaman). E’ un morbido e gudurioso spuntino, subito riconoscibile per il profumo che si sente passando nei paraggi. Di fatto è una specie di focaccina sferica ripiena di carne di maiale tritata, ma molto saporita, anche se dal gusto tendenzialmente dolce. Mantenuti al caldo, vanno mangiati con attenzione perché potrebbero avere un cuore rovente, ma sono davvero deliziosi.
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