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Mangiare (quasi) low cost a Tel Aviv

Labaneh sulla spiaggia

Labaneh sulla spiaggia

Tel Aviv

Diciamolo subito: Israele è un tripudio enogastronomico. Terra di incrocio, approdo, sintesi, anche la cucina descrive questo continuo puzzle culturale. Se i sapori dominanti sono quelli mediorentali, non mancano influssi dell’Europa dell’Est e tanta, tanta sperimentazione. In più è decisamente anche il regno di vegetariani e vegani: dai falafel all’hummus, non è difficile infatti trovare locali che comprendono nei menù tante possibilità. Unico problemino: il prezzo. Se vi trovate a Tel Aviv non avrete che l’imbarazzo della scelta dalla colazione al dopo cena, ma per il portafogli potrebbero essere dolori. Giusto per dare un’idea, non ci discostiamo dai prezzi delle città del Nord Italia o dalla principali capitali europee. Ecco quindi qualche consiglio per mangiare (davvero) molto bene a prezzi onesti.


Miznon

Miznon, su King George

Miznon, su King George

Come sempre, i posti migliori si trovano per caso. E dire che spesso, arrivando tardi (oltre le 23.30) in una città nuova, mi è capitato di dovermi accontentare del primo posto trovato aperto nei paraggi dell’albergo. Questa volta siamo stati davvero fortunati. In King George, infatti, vagando solo pochi minuti (a proposito, ottimo l’Hotel Galileo, nel quartiere yemenita, su Allenby, poco distante da questo locale), siamo stati attirati dai tavolini in strada e dall’ambiente informale, ma indubbiamente studiato. Musica alta, pomodori e cavolfiori sugli scaffali al posto dei libri, lampade vintage. Tutto molto trendy, come il look un po’ alternativo della (giovane) clientela. Superate le difficoltà iniziali con il menù in ebraico, ci siamo lanciati con lo staff scoprendo l’esistenza di una lista anche in inglese.

Un cavolfiore... intero, da Miznon

Un cavolfiore… intero, da Miznon

Mizon, 23 Ibn Gabirol st.

Mizon, 23 Ibn Gabirol st.

I piatti sono fondamentalmente tutte delle varianti sul tema pita, cibo da strada molto rivisitato. Come consigliato dal ragazzo al bancone, abbiamo provato quella con il pesce (sardine) e quella con i fegatini di pollo (buonissimo). Tutto arricchito da salse, verdure fresche e una buona dose di spezie. Veramente ottimo, così come il cavolfiore, intero, servito come contorno. E’ grigliato, con un goccio d’olio sopra: divino.

Chiacchierando un altro po’ è poi saltato fuori come mai questo posto è così frequentato. Si tratta di uno dei due locali ‘gemelli’ aperti dallo chef israeliano Eyal Shani: una specie di Carlo Cracco locale (è uno dei giudici di Masterchef), che propone cibo di strada in versione più ricercata e a prezzi bassi, ma non bassissimi. Diciamo che 15 euro circa per una pita e una birra non è pochissimo, ma vista la bontà e i prezzi della città è un’ottima scelta. In più ci sono stati offerti anche una pita con gelato (ebbene sì) alla vaniglia e resina (ebbene sì) e té alla menta. Buono, buono, buono.

Ultima cosa: lo chef Shani ha anche il suo ristorante di alto livello, aperto solo due sere a settimana vista la qualità delle materie prime: si chiama The Salon. Se ci andate, fatemi sapere.


Port Said

I tavoli all'aperto del Port Said

I tavoli all’aperto del Port Said

Come ha detto la mia amica Shani, è un locale veramente frequentato dai giovani di Tel Aviv. I piatti si ispirano alla tradizione, ma sono completamente rivisitati. Un posto favoloso, in cui siamo voluti tornare anche l’ultima sera. E prezzi accettabili: mangiando a sazietà, non si superano i 30 euro a testa (circa 110 shekel). Ma veniamo al locale, sempre in zona Allenby, proprio davanti alla Sinagoga principale. Una curiosità: sempre Shani, pediatra a Tel Aviv, ma che ha studiato Medicina in Italia, ci ha raccontato che il posto le ricorda Bologna visto che si trova sotto l’unico portico della città!

In generale lo stile ricorda un po’ quello dei locali di tapas… ci si siede su tavoli di legno all’aperto, oppure dentro, al banco. Bello in entrambi i casi: fuori sei nel cuore della movida e stare anche a fine ottobre in vestito senza maniche è impagabile. Dentro, gli stilosi camerieri, fra un vinile e l’altro (sì, il Port Sa’id è un po’ hipster e sugli scaffali ci sono centinaia di dischi) vi allungheranno un cicchetto a scelta. Veniamo al menù, che, per altro qui è scritto solo in ebraico (niente paura, i ragazzi dello staff vi aiuteranno). Noi abbiamo provato il carpaccio di manzo, con olio e pepe e yogurt, una melanzana stufata con salsa piccante, oppure in ratatouille servita con uova sode. E poi ancora: pomodorini dalla incredibile dolcezza semplicemente fatti al forno e serviti su un cartoccio, tris di salse con un peperoncino (mooolto piccante) e ottimo hummus. L’avevo detto che i vegetariani in Israele trovano pane per i loro denti. A proposito, il pane qui è portato in appositi sacchetti. Questo posto ci piace proprio tanto.

Port Said

Port Said


Kalboni

Sempre su suggerimento di Shani, ci siamo avventurati nel quartiere yemenita alla ricerca del “miglior hummus della città”. E, aggiungerei, del più conveniente. Nelle stradine che partono dal Souk Hacarmel, infatti, si trovano diversi posticini ottimi per provare lo street food locale. L’hummus qui è uno dei pilastri: questa crema a base di ceci e olio si trova un po’ dappertutto, da sola o in accompagnamento ai mitici falafel (polpette croccanti sempre a base di ceci). Noi abbiamo scelto Kalboni, un chioschetto dall’interessante proprietario: una vera macchina da guerra nella preparazione degli ingredienti, ha decisamente uno spirito imprenditoriale. Ci ha chiesto, infatti, quanto potrebbe costare aprire in Italia un posto simile. Già, chissà. Una cosa è certa, un buon ristorante israeliano a Bologna ci vorrebbe proprio.

Kalboni

Il simpatico proprietario di Kalboni

Falafel e insalata da Kalboni

Falafel e insalata

Per il resto l’hummus, sempre accompagnato da pita era in effetti molto buono e proposto in due versioni: una con i ceci e l’altra con altre verdure. Il menù comprendeva anche un’insalata, tutto ottimo e a sei-sette euro a testa.

Cafè Bialik

La prima sera l’avevamo sotto il naso e non l’abbiamo riconosciuto (ma siamo finiti al Miznon quindi bene così). Ci siamo voluti tornare, visto che il Cafè Bialik, oltre a essere a un passo dal nostro albergo, è davvero un posto versatile, sempre aperto. Si parte da ottime colazioni e si finisce con i concerti e musica dal vivo la sera. E anche in questo caso i prezzi sono accettabili.

La colazione al Cafè Bialik

La colazione al Cafè Bialik

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Un’altra colazione al Cafè Bialik

Descriverò più nel dettaglio la colazione, visto che capita spesso che negli hotel di Tel Aviv non sia compresa. Io, dopo due giorni di falafel e carne mi sono lanciata sul dolce: mi hanno portato un enorme piatto di muesli, ricoperto da yogurt e pezzi di frutta fresca. A fianco, un bricco pieno di miele: davvero fantastico. In alternativa, la maggior parte delle colazioni sono a base di uova con ricette sia mediorientali (con anche pomodori e cetrioli e formaggio tipo feta) oppure squisitamente anglosassoni, tipo con uova alla Benedict. Tavolini all’aperto e personale cordiale: da provare.

Volete saperne di più su una città dall’atmosfera unica come Tel Aviv? Qui, su Orizzonti, c’è molto da leggere.

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